Pesach inizia il 15 di
Nissan e dura otto giorni. È la grande festa della libertà; commemora infatti l'emancipazione dalla lunga schiavitù in Egitto, dove, come si legge nella Torah, gli ebrei si erano stabiliti chiamati da Giuseppe, e l'esodo da questa terra, dopo 400 anni.
Più tardi furono resi schiavi dal faraone, obbligati a durissimi lavori e a una vita piena di sofferenze e di stenti. Tuttavia, sorse una guida, Mosè, che, per ordine del Signore, condusse fuori dalla terra d'Egitto gli ebrei che da questo momento diventarono un vero popolo libero.
La parola
Pésach deriva dal verbo
pasàch ("passò oltre") e ricorda quando l'angelo del Signore, mandato a colpire i primogeniti degli egizi, "passò oltre" le case degli ebrei, le cui porte erano state segnate con il sangue di un agnello. Infatti, per ordine del Signore, gli ebrei avevano dovuto sacrificare un agnello che poi avrebbero mangiato prima della partenza, con
matzà (pane non lievitato) ed erbe amare.
Durante
Pesach la Torah prescrive l'astensione da ogni cibo lievitato e composto di frumento, orzo, avena, spelta (un cereale).
All'uscita dei giorni di festa solenne, si recita l'
havdalah (preghiera che segna la separazione fra il tempo festivo e quello ordinario). Le prime due sere, durante il
seder (la cena), si legge il racconto della liberazione dalla schiavitù d'Egitto.
La cerimonia prevede canzoni, storia, momenti seri, di gioia, di lode al Signore.
Prima della cerimonia si prepara il piatto del
séder in cui si pongono:
1. tre
matzòt (azzime) sovrapposte;
2. una zampa d'agnello arrostita (secondo il rito italiano);
3. un uovo sodo;
4. erbe amare;
5. lattuga;
6.
charòseth, una specie di marmellata che ricorda la malta con cui gli ebrei schiavi preparavano i mattoni per le costruzioni del faraone.